Con il mese di marzo arriva puntuale l’inizio di uno dei periodi ciclisticamente più interessanti, quello delle classiche primaverili che più ci appassionano e ci proiettano, successivamente, sui grandi giri estivi.

Da un paio d’anni lo stesso periodo è caratterizzato anche dal bilancio che il “caro leader” del movimento ciclistico italiano, Cordiano Dagnoni, rilascia al direttore di TuttoBiciWeb Pier Augusto Stagi. Potrebbe, e dovrebbe, essere un momento di sana ed obiettiva riflessione sullo stato di salute del movimento, purtroppo si tratta in un pretesto per fare propaganda spiccia priva di contenuti. In questi casi potrebbe aiutare rileggersi il “programma” elettorale del “caro leader”, ci si accorgerebbe di quanto sono lontani dall’essere raggiunti i risultati che si prefiggeva.

Innegabile, ci sono le medaglie e i trionfi che i nostri campioni e campionesse hanno raggiunto, accreditarseli in modo così sfacciato e sfrontato non fa altro che certificare lo scarso standing dirigenziale. Non ha perso l’occasione per mettere in fila i suoi nemici; pur rimanendo, il sottoscritto, il pericolo numero uno, mi ritrovo sorprendentemente in compagnia di Renato di Rocco e di Daniela Isetti!

Sorge spontaneo un quesito: c’è ancora qualcuno che sostiene il “caro leader”? Evidentemente sì, ma bisogna cercarlo/i al di fuori del movimento, come ormai appare chiaro a chiunque abbia sufficiente capacità di leggere la situazione. Mi soffermo sul passaggio dell’intervista che fa riferimento alla stringata risposta che dedica alle vicende della scorsa estate.

Queste le parole del “caro leader”:
«Parliamo di un fatto che non sussiste. Si è parlato, scritto e discusso di cose che non sono mai state fatte: e questi sono i fatti. Come sono solito dire, c’è la figura super partes del presidente del Coni Giovanni Malagò, il quale per questa vicenda ha dato mandato al Coni di fare un importante Audit interno durato quattro mesi e il risultato è sotto gli occhi di tutti, anche di Norma Gimondi che siede in Giunta Coni e in occasione dell’esposizione finale di questa approfondita analisi non ha proferito parola in merito. L’Audit è stato chiarissimo: c’è stata qualche sbavatura formale, però in assoluta buona fede. Punto. Il resto sono solo chiacchiere da bar».  

“Caro leader”, negare l’evidenza è un meccanismo di difesa che se nell’infanzia può avere un suo senso, perché i bambini non possono difendersi dagli adulti e hanno bisogno di credere che i genitori siano buoni, da adulti la cosa funziona poco. Su questo maldestro tentativo di raggiro, messo in atto nei confronti del consiglio federale ed emerso grazie all’attenzione della ex vice presidente Norma Gimondi, lei continua consapevolmente a glissare.

Per risolvere la situazione ha ceduto i gioielli di famiglia, (vedi accordo con RCS), ma tutto ciò niente ha a che fare con la sua reputazione personale, senza dimenticare l’imbarazzo che ha procurato al movimento intero. Tutti i campioni, indistintamente, che hanno reso grande il ciclismo italiano nel mondo, le hanno chiesto di dimettersi, tra questi anche coloro che l’hanno apertamente sostenuta nella sua corsa alla presidenza. Che ci venga a raccontare che nel pieno della bufera, ha attinto alla forza derivatale dalle esperienze da corridore è un luogo comune che non regge. I corridori che non si comportano correttamente vengono sanzionati e chiedono scusa. Per lei nessun provvedimento e non una parola di assunzione di responsabilità. Lei continua ad annoiarci con le sue teorie (Darwin su tutte) e le banali citazioni che richiama in continuazione (federazione azienda e delega tutto a parte il controllo). Si documenti riguardo al test di “Dunning Kruger”, e scoprirà che ha molto in comune con lei.

Ultima cosa prima di salutarla e darle appuntamento al prossimo genetliaco; accetti un non richiesto consiglio da chi il mondo delle 6 Giorni lo conosce, faccio riferimento alla sua volontà/sogno di riproporla a Milano; si guardi intorno, stanno scomparendo ovunque, si chieda il perché e provi a darsi le risposte, se non le trova si faccia aiutare.

Per concludere suggerisco di rimettersi la cravatta, rimboccarsi le maniche ed iniziare a preoccuparsi delle reali priorità che il movimento le chiede, con urgenza, di affrontare.